Campanili medievali di Roma 2. Santa Pudenziana. Di spiccata personalità, ma ritroso a farsi vedere. Vidiri e svidiri. Qui l’ho ripreso da via Urbana su cui la chiesa s’affaccia. Nei commenti l’ho beccato da un cortile interno alla canonica e da via Balbo. Sulla croce del timpano della chiesa si è posato un gabbiano.
Ecco a voi il campanile di Santa Pudenziana bello e ritroso
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Sul retro della Basilica di Santa Pudenziana, all’altezza del catino absidale, si trova un Oratorio Mariano medievale con affreschi dell’XI secolo. Partecipando a una visita guidata a tale Oratorio – normalmente non accessibile – mentre il gruppo saliva a esso da una scala esterna, appoggiata al transetto di sinistra della Basilica, ho potuto fare questa foto del campanile, visto da una posizione ravvicinata.
Gli studiosi collocano l’aggiunta di questo campanile all’antica basilica agli inizi del tredicesimo secolo, forse sotto Innocenzo III (1198-1216).
Meno male! Ora che non viaggio più, almeno ho queste fotografie!
Nell’Oratorio di cui al secondo commento questo è l’affresco meglio conservato, così indicato dalla guida rossa del Touring: “Madonna con Bambino in trono tra le Sante Pudenziana e Prassede”. Colori caldi di donne in festa.
Salendo all’Oratorio Mariano di cui al commento precedente, ci si affaccia alla cantoria che è sulla sinistra del catino absidale, dalla quale si può vedere al paro de la bocca il mosaico dell’abside, della fine del secolo IV, così descritto dalla guida rossa: “Cristo in trono, con un libro aperto in mano, circondato dagli apostoli e dalle Sante Pudenziana e Prassede offerenti corone”. E’ stata una sorpresa trovarsi all’altezza di quelle grandi figure che abitualmente vedi piccole dal basso.
Trovarsi faccia a faccia con la magnificenza di questi affreschi, guardare dentro le immagini che ci arrivano da un passato millenario e contemplare i volti e scrutare fin dentro le pieghe quei particolari altrimenti impercettibili, è qualcosa di sconvolgente. Ricordo ancora l’effetto che ebbe su di me la visione ravvicinata del “Giudizio Universale” 1293 ,del “pictor romanus” Pietro Cavallini , presso la Basilica di Santa Cecilia in Trastevere, in cui vivevano, almeno fino a qualche anno fa, le suore Benedettine.
Quando ad una distanza di neppure un metro mi si parò dinnanzi tutta la parte superiore dell’affresco mi parve di essere in Paradiso. Scrutata fin dentro l’anima dalla folla dei beati, dei santi e gli Angeli : giganteschi, magnifici, con le ali dispiegate, purpuree, cangianti. Tutti simili eppure diversi uno dall’altro eppoi gli Apostoli e il Cristo Giudice, seduto in trono, solenne, il costato squarciato e gli occhi severi, penetranti. Santa pace quegli occhi, che struggimento. Li ebbi impressi nella memoria per mesi.. Non sarebbe possibile descrivere la sensazione di reverenza e gratitudine che si prova dinnanzi alla divina Maestà di tali opere, sopravvissute alle razzie e alle temperie dei secoli che seguirono, forse i più bui e dolorosi della Chiesa e della cristianità , penso al trasferimento del papato ad Avignone, nel 1309
Molto belle e gradite le nuove fotografie. A quanto le immagini degli affreschi di Cavallini di cui parla Clodine?
Qui, di immagini, se ne trova un buon compendio:
https://www.italianways.com/il-giudizio-di-cavallini-roma-e-la-nascita-della-moderna-pittura-italiana/
Alle fonti della grazia, della vita
Dal vangelo nasce un rinnovamento a tutto campo. Può indurre a riflessioni la circostanza che anche alcuni media cattolici non lo inseriscono. E persino il papa ha apportato un progresso alle usanze vaticane con l’omelia di qualche giorno. Vero è che l’omelia che scrivo qui non è quella che comunico alle persone specifiche in una specifica situazione. In genere dal vivo, nella messa, racconto storie, anche col loro lato sorridente, di vita concreta e alla fine della messa vengono persone a chiedermi di parlare con loro di qualcosa. Le storie, cioè le traduzioni al vivo, nascono da letture come quelle qui sotto ma poi adeguate al cammino delle persone, alle situazioni, determinate.
Commento al vangelo del 3 febbraio 2020
Mc 5, 1-20
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli giunsero all’altra riva del mare, nel paese dei Gerasèni. Sceso dalla barca, subito dai sepolcri gli venne incontro un uomo posseduto da uno spirito impuro.
Costui aveva la sua dimora fra le tombe e nessuno riusciva a tenerlo legato, neanche con catene, perché più volte era stato legato con ceppi e catene, ma aveva spezzato le catene e spaccato i ceppi, e nessuno riusciva più a domarlo. Continuamente, notte e giorno, fra le tombe e sui monti, gridava e si percuoteva con pietre.
Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai piedi e, urlando a gran voce, disse: «Che vuoi da me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!». Gli diceva infatti: «Esci, spirito impuro, da quest’uomo!». E gli domandò: «Qual è il tuo nome?». «Il mio nome è Legione – gli rispose – perché siamo in molti». E lo scongiurava con insistenza perché non li cacciasse fuori dal paese.
C’era là, sul monte, una numerosa mandria di porci al pascolo. E lo scongiurarono: «Mandaci da quei porci, perché entriamo in essi». Glielo permise. E gli spiriti impuri, dopo essere usciti, entrarono nei porci e la mandria si precipitò giù dalla rupe nel mare; erano circa duemila e affogarono nel mare.
I loro mandriani allora fuggirono, portarono la notizia nella città e nelle campagne e la gente venne a vedere che cosa fosse accaduto. Giunsero da Gesù, videro l’indemoniato seduto, vestito e sano di mente, lui che era stato posseduto dalla Legione, ed ebbero paura. Quelli che avevano visto, spiegarono loro che cosa era accaduto all’indemoniato e il fatto dei porci. Ed essi si misero a pregarlo di andarsene dal loro territorio.
Mentre risaliva nella barca, colui che era stato indemoniato lo supplicava di poter restare con lui. Non glielo permise, ma gli disse: «Va’ nella tua casa, dai tuoi, annuncia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te». Egli se ne andò e si mise a proclamare per la Decàpoli quello che Gesù aveva fatto per lui e tutti erano meravigliati.
Gesù acconsente alla richiesta dello spirito impuro perché Dio prende gli astuti per mezzo della loro astuzia. Il diavolo voleva toccare i geraseni proprio sul loro peccato, l’attaccamento alle cose materiali. Ed in effetti il piano sembra riuscire quando i compaesani chiedono a Cristo di allontanarsi. Ma Gesù chiede all’uomo liberato da quel malo spirito, così evidenziato anche nell’episodio dei porci, di restare nel territorio a testimoniare ciò che ha sperimentato. Talora la persona più fragile è quella che in un certo modo più avverte il malessere di una situazione. Il fratello nevrotizzato è colui che più risente di certe rigidità genitoriali, di certi inconsapevoli loro ricatti affettivi. Ma l’aiuto che Dio dona proprio a lui, che più ha bisogno di risposte autentiche, diventa un seme di liberazione profonda per tutti. Così quell’uomo può operare in Cristo quello che Cristo stesso non potrebbe operare esplicitamente, se non con una imposizione violenta. Una mamma che riceve in dono una fede profonda si chiede perché Dio non illumina così anche i suoi familiari. Ma quella grazia che lei sperimenta è proprio anche per loro, con delicatezza, perché essi cominciano in tal modo a percepirla indirettamente. Mentre non sono ancora pronti ad una rivelazione più manifesta.