Tornati dalla messa di mezzanotte abbiamo messo il Bambino e l’angelo. I pastori hanno acceso il falò e il presepe ora è pieno di colori.
Alla luce del falò acceso dai pastori
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Natale
Come i pastori andiamo alla stalla
se angeli ci hanno chiamato,
come i magi ci incamminiamo
se una stella ha brillato per noi…
Canto di Natale
Nella notte di Natale, ultimo pastore
a venire un barbone: chiede aiuto
per la radio mal funzionante,
come a udire il canto degli angeli.
http://gpcentofanti.altervista.org/dove-nasce-gesu-oggi/
Admirabile signum.
Caro Luigi, non è una critica a te, perché tu segui la tradizione plurisecolare del presepio.
Ma il presepe tradizionale è frutto di errori. Ripeto non è una critica a te, ma alla tradizione: ma come si fa ad immaginare che due giovani seri come Maria e Giuseppe espongano il loro Figlio divino sotto il respiro di due animali? Se mi farai sapere, spiego qual’è l’errore.
Intanto ti rinnovo l’augurio felicemente fraterno di un mariano Natale.
Spiega Giuseppe, ho la mano a conchiglia dietro l’orecchio…
Nelle sere precedenti il Natale mi trovavo a riflettere su una cosa minima, forse pure sballata.
E’ evidente che Dio decida di nascere nella assoluta normalità, anzi, in condizioni precarie. Sicuramente nasce nel nascondimento: come Dio, poteva permettersi ben altra comparsa sulla terra.
Però si prende uno sfizio. Manda un angelo dare l’annuncio “a quelli che erano in quella regione”. Li invita a cercare una stalla con un bambino adagiato in una mangiatoia. E poi arriva la moltitudine di angeli che fanno festa.
In un modo abbastanza inconcepibile ed incongruo, per la nascita di suo Figlio nella carne, Dio Padre festeggia chiamando a raccolta i “vicini” di quella dimora di fortuna . Quasi una riunione sul pianerottolo…
Se non basta quello di Maria e Giuseppe, sembrerebbe che il calore umano non sia mai sufficiente. E questo calore viene raccolto nella concretezza della prossimità, non in astratto.
Prossimità da tener viva, talvolta da accogliere, talvolta da costruire.
Che dire? per tutti, credenti e non, mi sembra un insegnamento prezioso. Poi, da grande, Gesù ne spenderà di parole sul “farsi prossimo”.
Buon Natale, di festa e di prossimità
Ecco, caro Luigi:
Forse non tutti sanno che il primo presepe fu realizzato nel 1223 da San Francesco nell’eremo di Greccio (in provincia di Rieti), per vedere “con gli occhi del corpo” il Bambino neonato adagiato in una mangiatoia, tra il bue e l’asinello. Ma dove prese il Santo le informazioni per mettere in scena la sua rappresentazione? La mangiatoia, presto detto, è presente nel vangelo di San Luca; ma dei due animali dal caldo fiato non c’è traccia nei testi canonici. Tuttavia la loro presenza (come peraltro quella della grotta) è segnalata nel vangelo apocrifo dello Pseudo Matteo… o meglio, nella sua errata traduzione dal greco al latino! Nel testo originale della Bibbia dei Settanta, infatti, Abacuc profetizza che il Messia sarebbe nato “en méso dùo zoòn”, ovvero “in mezzo a due età” (forse a indicare che la sua nascita avrebbe fatto da spartiacque tra due ere), ma il traduttore latino ha confuso il genitivo plurale “zoòn” di “zoè” (età) con quello di “zoòs” (animali), rendendo con “in medio duorum animalium”. Questo errore scatenò la fantasia popolare, andando a sommarsi all’altra profezia citata nel passo del vangelo apocrifo: «Così si adempì ciò che era stato annunziato dal profeta Isaia, che aveva detto: “Il bue ha riconosciuto il suo proprietario e l’asino la greppia del suo padrone” ». Va detto, però, che questa profezia viene citata a sproposito, dato che in realtà Isaia si lamentava di Israele considerandolo incapace di riconoscere il proprio Dio, a differenza degli animali che sanno riconoscere il proprio padrone. Un errore riconosciuto anche da Papa Ratzinger nel suo libro “L’Infanzia di Gesù”, anche se lui ha preso atto che «Nessuna raffigurazione rinuncerà al bue e all’ asinello».
Ecco, caro Luigi, non per nullo il Matteo dell’apocrifo è qualificato come “pseudo”, cioè falso secondo l’ascendenza greca del termine.
Questa sera cambio il computer, perciò ti anticipo gli auguri di un felice anno nuovo, nell’augurio comprendo anche i tuoi visitatori.
Nel mondo rurale di una volta, caro Giuseppe, l’unico riscaldamento veniva fornito dagli animali che erano nella stalla: un bue e un asinello, appunto.
Attenzione alla mangiatoia. Giuseppe ti ringrazio delle spiegazioni, che mi erano note, ma è utile sempre richiamarle. Faccio però due osservazioni alla tua posizione, o se preferisci due aggiunte. La prima riguarda la mangiatoia e la seconda la vicinanza di un neonato agli animali domestici.
Nella lettura biblica continuata che si fa a casa mia da 16 anni con il nome di “Pizza e Vangelo”, per primo tra i libri del Nuovo Testamento leggemmo il Vangelo di Luca [e poi gli Atti, e ora Marco] e ci fermammo a lungo sulle parole “lo pose in una mangiatoia perché per loro non c’era posto nell’alloggio”. Se c’era la mangiatoia, c’erano anche gli animali. Maria e Giuseppe potevano aver trovato alloggio nel caravanserraglio che era intorno all’alloggio ove non avevano trovato posto. O potevano essere in una grotta a poca distanza dall’abitato, dove i pastori ricoveravano gli animali. Sono due ipotesi proposte dagli studiosi. Quale che sia quella giusta, intorno alla mangiatoia ci sono gli animali. Che siano un asino e un bue è secondario. Ma gli animali c’erano.
La seconda gionta – sulla vicinanza dei neonati agli animali – al commento seguente.
Al fiato degli animali. E’ mai pensabile che genitori premurosi espongano un neonato al fiato degli animali? E’ pensabile, anzi è sicuro, lo so per certo e posso attestare che avveniva nelle mie Marche fino a pochi decenni addietro: l’ho visto io da bambino, nella campagna tra Recanati e Osimo, fino sessant’anni addietro. Come ha ricordato qui sopra Antonella, tra i nostri contadini la stalla era un luogo di pregio proprio perché riscaldata dal fiato degli animali. Nella stalla si facevano le veglie, con il gioco delle carte e i racconti dei vecchi, il filare delle donne. Le giovani mamme lì intorno allattavano i bimbi. Di più: le case contadine erano sovraffollate e non c’erano camere per ospiti, quando arrivava un parente da lontano, o un lavorante di passaggio, o un commerciante di lungo cammino, o un pellegrino, o un mendicante, veniva alloggiato nella stalla: mettendo dei sacchi tra la paglia e il fieno gli si preparava un letto. E se era una donna con un bambino, il bambino poteva benissimo essere collocato nella mangiatoia. Questa aveva sponde e garantiva che il bimbo non cadesse tra i piedi degli animali. Mio caro Giuseppe, che Gesù sia venuto al mondo in un ambiente popolato anche da animali è un fatto certo, attestato dalla mangiatoia.
Il calcio della mucca Cimaré. Io le ho passate quelle serate nella stalla che dicevo sopra. Una volta una delle mucche, chiamata Cimaré – perchè tutte avevano un nome, come i cristiani – mi diede un calcio, che ero un frugolo e gli razzolavo tra i piedi. Dovevo avere tre anni. E’ uno dei ricordi più vecchi. Sembrava che dovessi morire. Mi tolsero il letame dalla testa e mi misero a dormire prima del solito, nessuno se la prese con la mucca.
caro luigi
intanto buon natale.
Anche in valle d’Aosta le veilla ( le serate in cui si chiacchierava, le donne lavoravano a maglia, i giovani flirtavano sotto gli occhi degli anziani) si tenevano nella stalla tra le mucche.
cristina vicquery
Canti della Santa Famiglia
Canto di Giuseppe
Sei come l’erba danzata dal vento,
docile, leggera, ma ferma nel vero
radicamento. E come questo campo
che amo tu sei, dove crebbe l’ulivo
d’argento che piantai per gioco,
fanciullo, non sapendo che il cielo
seminava per noi il suo bel tempo.
E se abbiamo patito, tanto sofferto,
è come ogni ruga d’ulivo d’argento.
Il mare in fondo alla campagna
sei anche, ché in te sempre mi perdo,
fiducioso, certo, di toccare la riva.
Il canto di Maria
Tutto e niente.
Niente senza di voi,
senza la gente.
Il canto che sento
è un canto che sente.
Shema’ Israel.
Ultimo giorno della vita nascosta, canto a Maria
Il pane fragrante nella piccola brace,
i panni stesi, la porta schiusa,
ogni cosa di te, intorno a te,
sommessa svelava una pace.
Tra la madia, la falegnameria, il piccolo orto,
imparai una piccola, semplice, via.
Piccino la notte sognavo che un manto di stelle
custodiva la terra dal male con un dolce canto.
Gesù sognava come Giuseppe
http://gpcentofanti.altervista.org/lamore-che-libera/