Trovandomi al Foro italico e postomi a pittare la stele mussoliniana, mi sovvenni di un testo di Carlo Emilio Gadda che qui riporto e nei commenti commento: “Non anco vedute le stalagmiti tartaresche, e’ s’isforzò superarle di sua minchia il Minchione Ottimo Massimo”.
“Superarle di sua minchia” sentenziò il Gaddus
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Vai alla favola 138. Il protagonista della foto è l’Obelisco Mussolini, che si trova all’ingresso del Foro Italico, in piazza De Bosis. Il testo di Carlo Emilio Gadda è la numero 138 tra le 186 “favuzze o faville” del “Primo libro delle favole” (1952). Il collegamento tra l’obelisco e il testo di Gadda è mio. Al commento seguente fornisco una libera parafrasi delle due righe del Gaddus.
Non anco vedute: avendo appena vedute.
Le stalagmiti tartaresche: gli obelischi egiziani.
E’ s’isforzò superarle di sua minchia: lui si sforzò di superarli con il proprio obelisco.
Il Minchione Ottimo Massimo: chi sia sta scritto – ovvero autografato – sull’obelisco, o stele di cui nella foto.
Superarle: l’obelisco Mussolini (opera di Costantino Costantini, 1932) supera i 36 metri, mentre l’obelisco egiziano più alto in Roma è quello lateranense, che arriva a 31 metri.
Dicevo che l’accostamento della stele del 1932 al testo gaddiano del 1952 è un mio arbitrio: non conosco luoghi a stampa dove sia attestato. E neanche altri luoghi gaddiani che lo confortino. Ma in un’altra opera dello scrittore ingegnere credo d’aver trovato dei passi paralleli che segnalo al commento che segue.
Passi paralleli. Nel libello “Eros e Priapo (Da furore a cenere)” che è del 1967 Gadda ha spunti che richiamano la “favola” dell’obelisco. A pagina 168 chiama Mussolini “Trombone e Naticone ottimo massimo”. A pagina 175 deplora la “morbosa tendenza a innalzarsi” che sarebbe propria dei “narcissi”. A pagina 178 scrive: “Uno si crede Cesare perché fa iscrivere il nome Caesar su alcuni sassi”. Ma è soprattutto alla pagina 173 che troviamo un parallelo della favola 138: “Il loro ‘costume’ [dei ‘folli narcissici’] è una torre o colonna o piramide salomonica che ha da sostentare il mostruoso colosso di porfido della loro immagine integrale, che da loro è sentita come iperfallo integrale: di porfido”. Al commento che segue un’ultima chiosa sul “Gaddus” che ho messo nel titolo.
Chi sia ‘sto Gaddus. Gaddus è la latinizzazione del proprio cognome che Gadda usa spesso a mo’ di scherzo. Mi pare che la prima volta ricorra nel frontespizio del “Giornale di guerra e di prigionia”, insieme alla data del testo d’apertura: “Gaddus 1915”. Nè l’uso scherzoso del latino si ferma alla firma dell’autore o al frontespizio, perchè nel mezzo di quel diario potrai trovare un siffatto passaggio: “Hodie quel vecchio Gaddus e Duca di Sant’Aquila arrancò du’ ore per via sulle spallacce del monte Faetto”.