Anno: <span>2011</span>

Mando un bacio ad Andrea Zanzotto – che è appena partito per l’Ovesturia dopo novant’anni di attesa – dedicando ai visitatori alcune sue domande tra le quali viene attuale oggi e provocante sette volte quella che suona proprio come rivolta ora a noi, da lui, da là:

Ma che sarà di noi?
Che sarà della neve, del giardino,
che sarà del libero arbitrio e del destino
e di chi ha perso nella neve il cammino
(e la neve saliva saliva – e lei moriva)?
E che si dice là nella vita?
E che messaggi ha la fonte di messaggi?

Noi non ci rendiamo conto di quanto quello che abbiamo valga veramente. Quando le cose vengono a mancare, ti accorgi di quanto veramente sono importanti e quanto sono profonde e servono per andare avanti. Io quando sarò guarita, se guarirò, devo fare qualcosa per i giovani che non hanno ancora conosciuto questo grande amore del Signore“: così parla in un video Giulia Gabrieli, la ragazza di Bergamo morta di tumore a 14 anni il 19 agosto (vedi post del 5 settembre e del 14 ottobre). Il video realizzato da un amico di famiglia è stato trasmesso sabato da Rai1 nel programma A sua immagine, Il sorriso senza fine di Giulia: non lo potei vedere perchè distratto dal corteo degli indignati (vedi il penultimo post). Tornando a ciò che conta, ora lo sto trascrivendo. Nel primo commento trovate il resto delle parole di Giulia. – Qui un sito dedicato a Giulia: http://www.congiulia.com/.

Sono stato a messa a San Gregorio al Celio, celebrante don Innocenzo Gargano, in memoria di Piero Pratesi, Vittorio Citterich, Giancarlo Zizola (l’altro ieri cadeva il suo trigesimo). Raniero La Valle, 80 anni, sempre in forma, li ha ricordati alla “preghiera dei fedeli” come cronisti del Concilio. E’ stato letto un saluto di Ettore Masina che ricordava Fabrizio De Santis, Lamberto Furno, Ugo d’Ascia, Domenico Del Rio, Sergio Trasatti. Con Angelo Bertani dopo la messa nominavamo anche Gregorio Donato, Alceste Santini, Giovanni Fallani, Dante Alimenti, Orazio Petrosillo, Giuseppe De Carli, Maurizio Di Giacomo. Insomma, in nome o di persona c’eravamo in tanti. Ero pieno di immagini e di parole. Requiescant et nos adiuvent: vivano nella pace del Signore e ci diano una mano.

Sotto la mia finestra, via di Santa Maria Maggiore è sbarrata da tre blindati della polizia: due rinculati alle pareti e un terzo a congiungerli senza lasciare spiragli. Non passano nè donne incinte, nè vecchietti col bastone, ne pope russi. Ottanta metri sopra sfila la manifestazione degli arrabbiati e c’è anche un camion dei no tav, stile gaypride e un altro dei Cobas della scuola. E cartelli arrabbiati: “Non chiediamo il futuro – prendiamoci il presente”. Dies irae, è il giorno dell’ira.

Gli sbadigli di Bossi parlando Berlusconi alla Camera giovedì, l’incantamento dell’urticante Tremonti e le cinque iconcine radicali galleggianti sul vuoto delle opposizioni. L’esorcismo di Rosy Bindi ai galleggianti. La faccia a salamandra di Fini che presiede un’assemblea disertata dai suoi. Non è mancato ultimamente lo spettacolo a palazzo. La voce atona della salamanra che proclama la vittoria del premier. Ma non mi ha divertito l’insistenza su Bossi. Sono vicinissimo a Rutelli – quasi lo tocco con il gomito sinistro – ma le sue male parole sul capo leghista mi sono dispiaciute. E disapprovo i rilanci degli sbadigli da parte del Tg di Mentana che tuttodì qui vengo lodando. Non condivido quasi nulla di Bossi – vedi Castelli in aria l’Umberto e il Trota del 13 aprile – ma dico che merita rispetto la sua tenacia nell’invalidità.

Bloggers miei smemorati, vi ricordate di Giulia Gabrieli: l’eterna gioia donale? Domani alle 17.10 su Rai1 il programma ‘A Sua Immagine’ di Rosario Carello approfondirà la storia di Giulia, ragazza di Bergamo, morta a 14 anni il 19 agosto. I genitori di Giulia parleranno della sua vita, della malattia e del modo della sua morte nella speranza della risurrezione. Guardate il programma e poi ne riparliamo.

Sono una figlia numerosa – Giù le mani dalle mamme numerose – Più figli più futuro – – Famiglie numerose patrimonio dell’umanità: sono alcuni degli slogan scritti su cartelli e magliette di una cinquantina di persone venute ieri a Roma da tutta Italia – con passeggini e biberon a mo’ di bandiera – in rappresentanza delle associazioni regionali delle “famiglie numerose”. Hanno “manifestato” tra piazza Montecitorio e piazza Colonna per chiedere che il fisco tenga conto del numero dei figli. Prima di fare un salto alla libreria Feltrinelli (vedi post precedente) ho scambiato due battute sotto il sole con il bresciano Mario Sberna, l’animatore dell’Associazione famiglie numerose: trovi le sue parole nel primo commento. Dicendogli io che vengo da una famiglia di sette figli e che ne ho cinque, mi voleva fare presidente onorario dell’associazione. Oggi che tutti ci lamentiamo dei tagli, uno non sa quale causa abbracciare. Dal mio angolo dico che i tagli più dolorosi sono quelli che penalizzano i disabili e le coppie con figli.

Quando leggo sono lento. Cerco le parole nel vocabolario anche quando le conosco e provo a migliorare le frasi. Lo faccio con Strabone ma anche con Fiorello. Ho appena comprato alla Feltrinelli di piazza Colonna l’antologia di “racconti dal carcere” Volete sapere chi sono io? e sul 71 – deviato per la manifestazione dei Draghi ribelli: credo siano avversi al governatore – ho letto una pagina e subito mi sono fermato. E’ la pagina 7 dove Federico Abati si chiede “cosa farò del mio passato?” Ho provato a migliorare questa riga ed è venuto Che sto facendo del mio passato, senza punto interrogativo e lì sono restato in confusione.

«L’uomo facilmente dimentica che sempre può trovare in Dio ricco di misericordia un’accoglienza senza giudizio e allora cerca nella seduta psicoanalitica quantomeno un ascolto senza giudizio»: parole di Jacques Dupont, priore della Certosa di Serra San Bruno [dov’è andato Benedetto domenica pomeriggio]. Avevo bisogno di quelle parole e quando le ho avute da un uomo severo con se stesso le ho festeggiate con un bicchiere di Vino Nuovo.

Oggi è la giornata per l’abolizione della pena di morte: non potendo fare di più partecipo con un “pena di morte pussa via”. Sono contento di essere italiano anche perchè il primo Stato ad abolire la pena di morte in epoca moderna fu il Granducato di Toscana (1786), mentre il Regno d’Italia vi arrivò tra i primi nel 1889. Sono orgoglioso d’essere europeo perchè l’Europa è il continente dove più alto è il numero dei paesi che l’hanno abolita (solo Russia e Bielorussia l’hanno ancora). L’Unione Europea pone l’abolizione di quella pena come condizione per l’adesione: batto le mani.