Anno: <span>2011</span>

Lei scende dal treno e si illumina quando lo vede. Lui ride alla ridente. Io rileggo mentalmente Genesi 3,16: “Verso tuo marito sarà il tuo istinto / ed egli ti dominerà”; e Cantico dei cantici 7, 11: “Io sono del mio amato / e il suo desiderio è verso di me”. Un giorno un biblista mi spiegò che “istinto” e “desiderio” della traduzione Cei 2008 nel testo ebraico sono detti con la stessa parola “teshuquah”. Anche la Nova Vulgata ha un’unica parola: “appetitus”. Come sono ampi questa “teshuquah” e questo “appetitus” e questo “istinto” e questo “desiderio”. Ci stiamo dentro tutti.

«Ci sono patologie della religione che sono assai pericolose e che rendono necessario considerare la luce divina della ragione come un organo di controllo, dal quale la religione deve costantemente lasciarsi purificare e regolamentare»: così parlò una volta il cardinale Ratzinger in dialogo con Juergen Habermas. In altra occasione, parlando con Ernesto Galli Della Loggia, Ratzinger tornò a porre in una relazione positiva cristianesimo e illuminismo: «L’Europa deve difendere la razionalità e su questo punto anche noi credenti dobbiamo essere grati al contributo dei laici, dell’illuminismo, che deve rimanere una spina nella nostra carne. Ma anche i laici devono accettare la spina nella loro carne, cioè la forza fondante della religione cristiana per l’Europa». Partendo da queste affermazioni, elaboro una mia supponente interpretazione dell’appello papale di domenica riguardante la mattanza norvegese: vedila in un articolo pubblicato ieri da Liberal con il titolo Ratzinger e il fantasma. Il fantasma è quello del fondamentalismo cristiano.

Oggi, per la prima volta, ho pregato molto. Ho spiegato a Dio che, a meno che non voglia vedere l’alleanza marxista islamica e alcuni islamici d’Europa distruggere la cristianità europea nei prossimi cento anni, deve far sì che i guerrieri in lotta per la cristianità europea prevalgano“: così Anders Behring Breivik nel suo diario. Un matto sanguinante – questo povero figlio dell’Europa cristiana e secolare – che nell’agire, per fortuna, non somiglia a nessuno ma nel pregare somiglia sì alla maggioranza di noi: prega molto e spiega a Dio quello che deve fare.

Altra giornata di vento a Santa Marinella, altra festa del surf [vedi il post di ieri]. Straordinaria maestria che non serve a nulla ma che ha i suoi riti e i suoi tatuaggi. Arrivano già in tuta e guardano lontano. Cercano di capire il mare prima di avventurarsi. A riva fanno esercizi di riscaldamento. Si legano la tavola al piede e vanno vigili verso il ribollente. Più serie ancora le poche donne. Altri ne arrivano e restano schierati a bordo mare per un tempo e due tempi. Ognuno con la sua tavola, sembrano guerrieri tribali seminudi con gli scudi di corteccia. Quando si profila un’onda più arcuata i riguardanti alzano le spalle e si piegano in avanti come a spiccare il salto. Se l’onda è grande il surfista esprime un desiderio. Anch’io da terra.

Mare mosso a Santa Marinella e raduno di surfisti nella piccola baia della trattoria La Toscana. “Si danno appuntamento in  internet”. Uno sport solitario che non prevede spettatori ma ha bisogno del coro dal quale si stacca il solista. Poi i solisti si incrociano come le voci nel canto e fanno una loro danza tutti insieme.  Mi parlano – io credo – dell’eterna scommessa con l’acqua e con il vento, e di stare in piedi dove non si può e di farlo con slancio. Una volta vidi in Maremma – qui a due passi – due giovani butteri in piedi sui cavalli, anche loro in gara con il vento. Questi butteri del mare vanno in piedi sulle onde e subito cadono, immagini della più veloce giovinezza.

Quel giorno in cui decidemmo di far nascere il nostro Elia, che l’amniocentesi preannunciava Down, uscendo dall’ospedale con il cuore un poco più leggero, il sole ci è sembrato più bello“: parole di Stefania Puecher alle quali dedico un bicchiere di Vino Nuovo. Ringrazio il collega Diego Andreatta che ha narrato la storia nel settimanale Vita Trentina del 26 giugno e me l’ha segnalata.

L’ho incontrato nel villaggio di Mapuordit e ho parlato, dopo tanto tempo, con un sacerdote, quasi una confessione, perchè anche il dolore degli altri mi sgomenta. Ha lasciato tutto per venire quaggiù, e dorme nella capanna di paglia, e va ad attingere l’acqua al pozzo, e predica la speranza: se no, che senso avrebbe questo mondo, questa gente, la sua vita?” Così Enzo Biagi narrava sul “Corriere della Sera”, il 4 marzo 1999, un colloquio con il vescovo Cesare Mazzolari, con il titolo Un prete coraggioso nell’Africa affamata. Dedico ai visitatori le parole di Biagi all’indomani del funerale del caro Cesare nella cattedrale di Rmbek, nel Sud Sudan, dove è stato sepolto. “La mia patria è il Sudan. Ho promesso ai miei fedeli che non li abbandonerò neanche da morto. Loro sanno già dove mi devono seppellire”, aveva detto nel 2004 a Stefano Lorenzetto del Giornale. Il missionario fa sua la nuova patria e lì vuole restare: Mazzolari in Sud Sudan come Matteo Ricci a Pechino, come Clemente Vismara in Myanmar. – Di Mazzolari qui si era parlato il 17 luglio e di Clemente Vismara il 16 luglio. Di Matteo Ricci il 29 maggio, il 30 maggio e il 1° giugno del 2010.

Amo una spiaggia con i sassi segnati – come se un giorno ci fosse passato Mirò – e la chiamo Scoglitti, legandola nel nome a un borgo di Sicilia che si affaccia sul mare africano. Ma questa mia è laziale e si trova a un passo dal primo – per chi venga da Roma – dei tre ponti romani di Santa Marinella. Non c’è sabbia ed è tutta una festa di pietre istoriate non so come e perché: le hanno fatte così le mareggiate nei millenni. Sono di un calcare misto e a strati che levigato – dalle onde – mostra geometrie colorate, grafie lineari e aggrovigliate, ombreggiature come di porfido, o di marmo cipollino, o di alabastro ambrato. Mi sorprendo a pensare che questi ciottoli avevano questi gomitoli di segni quando si chiamavano Pyrgi ed erano un porto etrusco. Qualche sasso sembra legato da un nastro bianco come un pacchetto, altri hanno cerchi concentrici come gli alberi tagliati, altri ancora sono percorsi da linee parallele come i quaderni a righe. Mi piacerebbe ascoltare una qualche spiegazione. Quando vado a questa spiaggia non mi porto un libro e cerco i segni nei sassi.

“Le prime tredici attestazioni [sulla santità diffusiva di Karol Wojtyla e sul cristianesimo di conversione da lui predicato] sono inedite: le ho raccolte con un’inchiesta tra i miei conoscenti e i frequentatori del mio blog. Mi sono rivolto alle persone convertite alla fede cristiana, o aiutate a non abbandonarla, o soccorse nella fatica di vivere dalla testimonianza di Giovanni Paolo. L’idea mi è venuta sentendo di non cristiani, o di non credenti, o di cristiani dubbiosi, non praticanti, conviventi, divorziati risposati e simili che raccontano di essere stati aiutati a credere dal papa polacco”: è un brano promozionale di una mia piccola inchiesta per la quale avevo chiesto la collaborazione di voi bloggers [vedi post del 28 maggio], che era stata splendida. E’ intitolato Convertiti da Karol. Inchiesta sulla santità diffusiva del beato Wojtyla e la potete leggere nella pagina COLLABORAZIONE A RIVISTE elencata sotto la mia foto.

“C’è chi ha avuto la Land Rover, chi la Smart, chi un appartamento in centro e chi è stato eletto al Consiglio regionale. Essere eletti con quel sistema non è reato”: così ha parlato l’avvocato di Nicole Minetti all’udienza preliminare del caso Ruby, in difesa della sua cliente [Corriere della Sera del 14 luglio, pagina 15: “La Minetti non era una tenutaria. Riceveva vantaggi come tante altre”]. Dunque quelle parole non sono state dette per satira, ma a nome di Nicole e – possiamo presumere – con il suo consenso. E’ perciò la Minetti in persona che ci viene a dire: per la mia presenza alle feste di Arcore il premier mi ha fatto inserire nel listino bloccato del presidente Formigoni. Per me quell’affermazione dell’avvocato – fatta a nome della Minetti – configura una ragione sufficiente perché lei di dimetta da quell’incarico. Essere eletti come regalo personale del premier non è un reato, d’accordo. Ma un incarico di rappresentanza democratica non è una Smart: se tu stessa ammetti di averlo avuto per la tua partecipazione alle feste, ti devi dimettere. Già in un post del 1° febbraio 2011 un incompetente sosteneva questa tesi.