“Morto come un topo. Era uomo come noi. Afghano cade da sotto il camion dove era aggrappato”: è un titolo di Avvenire del 13 dicembre. Gli do la palma come miglior titolo dell’anno 2008 da me letto in un quotidiano (vedi post del 25 aprile, 11 maggio, 8 luglio).
“Era uomo come noi” ma troppo afghano
45 Comments
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.
già…
Io odio sentire al tg o leggere sul giornale “romeno violenta donna”, oppure “zingaro investe uomo sulle strisce”, e così via…
come se la connotazione di appartenenza etnica non permetta di riconoscere nell’altro semplicemente un uomo… buono o cattivo che sia…
L’affermazione “Era uomo come noi” suona familiare non trovate?
Quello che non va bene è il verbo “Era” perchè dovrebbe essere un “E'”.
Ormai siamo tutti malati di xenofobia, ormai siamo tutti fobici di fronte allo “straniero” e probabilmente lo siamo perchè – e non si sa come mai – poniamo l’occhio su un reale pericolo che – per quanto sia limitato a poche persone – pericolo è e pericolo rimane.
Ci sono problemi di sicurezza , ci sono problemi di “indoli violente”, ci sono tutti questi problemi, ma dovrebbe esserci anche il discernimento, il saper valutare il singolo solo per il singolo e non singolo=tutti (ah! “il singolo” potrebbero essere anche tanti singoli).
Il saper vedere “oltre” non è da tutti, il massificare è di tutti. Tutti dovremmo imparare a non fermarci all’immediato, a non fermarci alla “difesa” del proprio bene ed alla paura.
Da cristiana, onestamente, mi è davvero familiare quel “Era uomo come noi.” … ed il trattamento riservato a quell’Uomo per paura o per plagio dei potenti del tempo lo conosciamo tutti.
Basterebbe questo pensiero per ridare dignità all’uomo, a qualsiasi uomo … anche se ben sappiamo che probabilmente non incontreremo sempre “uomini nuovi e rigenerati” e potremmo incontrare uomini che hanno scelto il buio di se stessi e non la luce in se stessi.
Grazie Luigi e … che bello potersi dedicare a ciò che più appassiona … per me il “traguardo” della “pensione” è ancora un po’ lontano … a meno che non mi facciano fuori per una questione di riduzione del personale.
Marta09 benvenuta nel blog! Bella la tua riflessione sulle parole “era uomo come noi”. L’umanità di Cristo aiuta il cristiano a riconoscere un fratello in ogni uomo. Ti auguro di essere contenta del lavoro che svolgi – a proposito: che fai nella vita? – e di viverne la contentezza come premessa per quella che ti verrà un giorno dal poterti dedicare a quanto ti appassiona. Io ora voglio dedicarmi alla narrazione del vissuto umano e cristiano, un po’ come accennavano Clodine e Francesco73 nei commenti al post precedente. Per avere un’idea di quello che intendo, potresti visitare la pagina “Cerco fatti di Vangelo” elencata sotto la mia foto. Nelle prossime settimane amplierò quella pagina e farò dei post di rimando a quell’ampliamento. Ho la testa rutilante di progetti. I visitatori potranno aiutarmi segnalando e anche narrando storie. indicherò in che modo. Ci sarà una bacheca per le storie narrate da chi visita il blog.
Direi una grossa bugia a dire che sono contenta di quello che faccio “per vivere”. No, non sono contenta, ma non lo sono perchè vedo progressivamente persone che rinunciano ad essere tali. E’ un male comune e che si riscontra ovunque. Sui luoghi di lavoro, poi, il massimo successo dell’intelligenza è quello di prevaricare (convincendo) l’altro o riuscire a “domare” gli strumenti di lavoro (mondo informatico). Per cui, personalmente, pur vivendo in questa dimensione – che non è solo la mia – direi che oltre alle mansioni per cui sono stipendiata, per prima cosa, cerco di portare “umanità”. Sì, lo so che il successo è negato per questa “mansione”, ma ci tengo troppo. Tu dici che “l’umanità di Cristo aiuta il cristiano a riconoscere il fratello in ogni uomo” .. è vero, ma è ancora poco considerando la cura che Gesù (prima di essere il Cristo) ha avuto per tutti (compresi i Suoi carnefici ed i Suoi nemici). La cura di Gesù per noi ha superato di gran lunga la “fraternità”, la Sua cura per noi (che poi è la cura del Padre che ha per questa bizzarra e testona umanità) è la stessa cura che si ha per i bambini, per i piccoli. L’altro non ci è solo fratello, ma è parte di noi come se fosse un “bambino” che ci viene affidato. Ma per capire questo è necessario sentirsi “bambini” nella Fede, piccoli che ancora hanno tanto da imparare. Per intendere quel “Era uomo come noi” è necessario tanta, ma tanta semplicità … quella dei bambini appunto. Per noi, che vogliamo a tutti i costi essere considerati adulti, la semplicità è una cosa incomprensibile e maleddettamente complicata e per capire la “semplicità” ci inventiamo l’impossibile.
Ecco perchè ho scelto di portare un po’ di umanità dove la complicazione regna sovrana, dove il “semplice” viene considerato “errore” … ed ecco perchè ti dico che sei fortunato. Ma … grazie al tuo blog … (trovato per caso) … forse forse riesco a trovare un po’ di ossigeno per respirare a pieni polmoni: l’ossigeno della smplicità appunto.
La cura di Gesù per noi ha superato di gran lunga la “fraternità”, la Sua cura per noi (che poi è la cura del Padre che ha per questa bizzarra e testona umanità) è la stessa cura che si ha per i bambini, per i piccoli.
Molto bella questa espressione utilizzata da Marta09 per descrivere l’amore di Dio per gli uomini.
Benvenuta tra noi, Marta09.
Marta09 la semplicità è sorella della felicità. Credo di aver capito un poco la tua insoddisfazione. Sei di Roma o di dove?
Uuuuh! Che blog reattivo!!!! Finalmente avverto la presenza di persone vive e che – MIRACOLO!!! – si ascoltano.
Non sono di Roma … sono una longobarda del nord … e la mia “regina” storica è la Regina Teodolinda … la mia Regina preferita per bellezza d’animo, di coraggio ed altro.
Per Luigi … boh! non so se è sorella della felicità perchè spesso si soffre e pure tanto per la semplicità, ma di certo si sa riconoscere la vera felicità.
“Era uomo come noi” no? A volte la vera felicità è riuscire a strappare un sorriso a chi si sente perso e sconfitto pur sentendosi profondamente persi e sconfitti. Questa è felicità, quella vera, quella ti fa riconoscere in chi ti incontra qualcuno a cui dire la pena che affligge, il disorientamento e … sì … tutto questo passa da una specie di luce che si ha nel cuore come un diamante: una diamante che appunto si chiama semplicità (che non è faciloneria, o superficialità o stupidità).
Per Fabricianus … beh! …
Dio è così … che ci possiamo fare! Da quando Dio è diventato Papà tutto l’umanità è ripartita ed è ritornata all’inzio quando ancora si poteva scegliere se essere “CON” l’altro o “CONTRO” l’altro (il CONTRO è vero nome del peccato orginale).
E …. ben trovati a tutti … mi sento a casa!
Ma avviso tutti: sono una gran testona … e chiedo pazienza a tutti …
Se è come penso io…cara Marta09, il mondo è piccolissimo:
Tu affermi:Non sono di Roma … sono una longobarda del nord … e la mia “regina” storica è la Regina Teodolinda … la mia Regina preferita per bellezza d’animo, di coraggio ed altro.
Se non sono indiscreto: Marta, sei di Monza??
Si! Monzese puro sangue!!!!
Che dire, il mondo è piccolissimo, non piccolo!!!!
Sono anch’io di Monza!!!
Luigi, ma è mai capitata una cosa del genere????
Fantastico! Sempre detto io che internet è un’invenzione divina … da dove – pare – i MAGNIFICI TRE (la Trinità) mandano mail o si inventano blog.
Ultimamente a me capita così … e pure per caso.
Più che emozionata … mi sto divertendo una cifra!!!!
Luigi … ma sei immanicato con l’Alto per caso?
Più che “cerco fatti di Vangelo”, Luigi, puoi dire che “fatti di Vangelo” cercano -e trovano- te!
Davvero, Marta09 -e Fabricianus- c’è “ossigeno per respirare a pieni polmoni”, qui, stanotte!
Beh! Fiorenza, è ovvio o quasi. Siamo vicini all’Epifania quando la Luce compie il giro completo di Annunci … e poi come un magnete attira tutti in un unico punto, fa convergere sguardo e forze in un unico punto …
Ma l’ “essere fatti di Vangelo” è una vera e propria “genialata” che ha preso corpo nel tuo pensiero.
… ed altro non è che l’iniziale “Era uomo come noi” … E adesso possiamo anche respirare lo stesso respiro di Dio che è una Persona ben precisa: lo Spirito Santo.
Ma è respiro incarnato che passa per polmoni umani.
Grazie
Marta09 è longobarda ma… non ambrosiana! O meglio, non lo è per quanto riguarda il rito.
@Accattoli sul linguaggio delle conversazioni di Martini.
La traduzione stessa ha ovviamente un suo peso e richiede un compromesso.
Ma a quanto ne so la traduzione in italiano è stata fatta tra la primavera e l’estate nel seguente modo: un prete milanese leggeva al cardinale la traduzione italiana proponendo (diciamo a mò di pompiere…) di temperare alcuni passaggi un pò caldi. Il cardinale ha valutato di volta in volta ma in più occasioni ha detto: “c’è scritto così, lasciamo così”.
Quindi credo vadano messe insieme le due cose: la traduzione stessa, la diplomazia linguistica e una certa fretta sollecitata dalla casa editrice.
Comunque meglio riservare l’esegesi ad altra Scrittura.
Grazie ignigo. Mi pare che da lettore ero andato vicino nell’immaginare una qualche contaminazione. Non lo trovo un fatto negativo. Ma occorre tenerne conto.
Ehi Ehi…ma che sta succedendo sul Blog ? Marta09 benevenuta! Sono felice di leggerti, e sono superfelice di sapere che sei vicina di casa del caro Fabricianus che ho conosciuto personalmente e di lui posso dirti che è un ragazzo fantastico, una persona buona, di grande sensibilità, spessore, oltre che molto bello. Visto che anche la bellezza è dono, diciamo che il buon Dio è stato generoso e generosamente ripagato, visti i frutti di bontà e gentilezza che il nostro amico Fabricianus distribuisce con il suo sorriso che conquista.
Dopo tutti questi fiori a Fabricianus vorrei porre l’accento sul tema aperto dalla nostra Marta09 sulla semplicità. Ecco, io penso che la semplicità non consista tanto nella non ostentazione vista in chiave estetica, per intenderci, e non è nemmeno un valore aggiunto. La semplicità, secondo me, è sempre figlia di una profonda maturazione interiore che induce la mente a riconoscere d’impulso l’essenzialità delle cose e dei pensieri, in modo pragmatico. Tuttavia, secondo il mio punto di vista, questo processo di semplificazione può nasconde, invero, un trabocchetto. Il processo che induce alla semplicità, in verità, è assai complesso: se non si è acquisita l’armonia interiore, e relativa pacificazione con il proprio “io”, la pseudosemplicità tende a scardinare, a sabotare quell’armonia e avvedutezza necessarie all’equilibrio, onde evitare superflue banalizzazioni. Qualcuno disse che “Il genio è un uomo capace di dire cose profonde in modo semplice”…..
Ciao
Dal sito Radio 3 “Uomini e Profeti”
Riflessioni sul Natale
da: Duc in Altum (Gruppi di animazione missionaria)
Carissimi amici,
per Natale avevamo già preparato una poesia di Bonhoeffer per un augurio che ci pareva particolarmente bello:
Fa ardere oggi le calde e silenziose candele,
che hai portato nella nostra oscurità;
riconducici, se possibile, ancora insieme.
Noi lo sappiamo, la tua luce arde nella notte.
Da potenze benigne meravigliosamente soccorsi,
attendiamo consolati ogni futuro evento.
Dio è con noi alla sera e al mattino,
e senza fallo, in ogni nuovo giorno.
(D. Bonhoeffer, Resistena e resa, San Paolo 1988, pag. 485)
Bello perché riuscire a sentirsi sorretti da potenze benigne nel carcere di Tegel (da dove Bonhoeffer uscirà solamente per andare alla forca) è esperienza di uno spirito libero e puro. Bello perché parla di luce che rompe la tenebra (e ogni bambino sa quanto importanti siano anche le più piccole luci nel presepe). Poi abbiamo appreso una notizia che nei giorni precedenti ci era sfuggita. Zaher Rezai, un ragazzo dall’età incerta (i giornali scrivono chi 11, chi 13, chi 17 anni, in tasca un
documento attesta la sua nascita il 01 gennaio 1995), il 10 dicembre, si è legato sotto un camion per sfuggire ai controlli portuali di Venezia. Verso mezzanotte, non si sa se sia caduto o se volesse scendere, è stato schiacciato dai pneumatici del mezzo sul quale era “salito”, poco lontano dalla discesa del ponte di S.Giuliano. Nato in Afghanistan è venuto a morire sotto le ruote di un Tir alla periferia di Mestre, sull’asfalto di via Orlanda, a due passi dalle nostre parti.
Tutto ciò che rimane di Zaher è contenuto in un sacchetto trasparente. Un uccellino bianco e nero in plastica, come una specie di rondine, un leone, una giraffa e un alce. Un foglio di espulsione dalla Grecia, con la foto di un ragazzo rubicondo, con un grande ciuffo di capelli color marrone. Una scheda telefonica e i fogli di un’agendina (senza copertina), scritti in persiano antico. Alcuni numeri afghani, iraniani e italiani incompleti. Un paio di schizzi da saldatore. E le parole di una poesia commovente e, letta ora, tristissima:
«Non so ancora quale sogno mi riserverà il destino,
ma promettimi, Dio,
che non lascerai finisca la primavera».
Abbiamo perduto il coraggio di dire Buon Natale. Abbiamo guardato i nostri figli e i loro compagni: hanno grossomodo l’età di Zaher, quei ragazzi che stanno preparando la celebrazione del Natale con le chitarre e con il canto. Siamo rimasti senza fiato e senza parole. Quasi che la luce delle calde e silenziose candele fosse inghiottita per sempre dalle tenebre.
Per Zaher il Natale non sarà sulla terra. Sarà, come è stata tutta la sua vita, come è stato il viaggio di 6.000 chilometri che ha affrontato per arrivare al porto di Venezia: una salita, un’arrampicata.
Salirà sulle ginocchia del Padre, come i più piccoli. E come i più piccoli ascolterà la dolce voce: “Non avere paura, sono qua Io. E se l’Italia, così preoccupata del problema sicurezza, l’Europa, così avvinghiata ai problemi dell’economia, il mondo, così frammentato e competitivo, non ti hanno accolto, più nessuno potrà portarti via da me”.
Vivremo questo Natale con un peso sullo stomaco, come chi è mancato, ancora una volta, l’ennesima, ad un appuntamento importante. Faremo lo sforzo di viverlo, però, cercando di raccogliere in noi i migliori pensieri, senza che il nostro animo ceda alla disperazione del vuoto. Crediamo che sia l’unico modo perché Zaher continui a vivere, e con lui tanti altri di cui i giornali non parlano. Anche se non siamo influenti e possiamo parlare al cuore di pochi, forse soltanto al cuore di nostra moglie o di nostro marito, dei nostri figli, di qualche amico che non si è ancora stancato di noi. E guardare, almeno un poco, sopra l’orizzonte è l’unico modo per immergere i piedi sulla terra.
In ricordo di Zaher Rezai
Gruppi di animazione missionaria dei Vicariati di:
Dolo (Ve) – Campagna Lupia (Ve) – Vigonovo (Ve)
DUC IN ALTUM (Lc 5,4)
Prendi il largo
Per i romani e i non romani di passaggio a Roma
Ricordo che il 21 gennaio cade la ricorenza di sant’Agnese.
La messa sarà celebrata dal card. Ruini titolare di s.Agnese con inizio alle ore 10,30. Saranno portati e benedetti gli agnellini con la cui lana saranno tessuti i sacri pallii. Ecco la storia.
Il pallio e la benedizione degli agnelli
Proprio nel giorno di sant’ Agnese il celebrante nella liturgia eucaristica benedice sull’altare della santa due agnelli bianchi, la cui lana dovrà servire per la confezione dei sacri pallii.
Questa consuetudine è già ricordata come tradizionale nel cerimoniale romano preparato nel 1488 da Agostino Patrizi Piccolo mini in collaborazione con Giovanni Burcardo e pubblicato nel 1516.
Quella piccola benda di lana bianca, contraddistinta da sei croci di seta nera, riservata al pontefice e da questi donata, quale segno di profonda e fraterna comunione ai pastori metropoliti, cioè ai vescovi che presiedono una provincia ecclesiastica, è dunque da secoli anche un richiamo continuo e discreto alla fede in un Dio che sceglie le cose umili per confondere la sapienza e il potere del mondo.
“Ti ringrazio, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e agl’intelligenti e le hai rivelate ai piccoli” (Lc 10,21).
I due agnelli costituivano un canone annuo che la basilica di Sant’ Agnese fuori le Mura doveva a quella del Laterano, quasi un atto di vassallaggio verso l’arcibasilica, e veniva corrisposto dalla badessa del monastero, come risulta dai registri del Capitolo del Laterano del XV secolo.
L’omaggio fu continuato dalla comunità religiosa dei Canonici Regolari Lateranensi che dalla metà del 1400 entrarono nella cura della basilica e delle catacombe di S.Agnese: la benedizione solenne del 21 gennaio è fatta dall’Abate Generale dell’Ordine dei Canonici Regolari Lateranensi.
Il censo dei due agnelli decadde, dopo il 20 settembre 1870, con l’applicazione anche nella città eterna delle leggi di incameramento dei beni ecclesiastici.
Curiosità storica sulla tradizione della benedizione degli agnelli. Dall’Archivio della Canonica di S.Agnese leggiamo una lettera datata 28 dicembre 1899: “Ella si compiacerà indicarmi dove li devo mandare e quando per adornarli, giacché so che li adornano alcune religiose”.
È interessante notare che il governo italiano versò per qualche anno al Capitolo del Laterano la somma di lire 35 per l’acquisto dei due agnelli.
Successivamente, l’onere dell’offerta, sostenuto prima da una buona famiglia romana, fu assunto dai padri trappisti delle Tre Fontane.
Frutaz, nel suo libro “Il complesso monumentale di Sant’Agnese” annota un particolare che spiega la presenza di Padri Trappisti nella cerimonia.
“Don Bernardo Boldini superiore dell’Abbazia delle Tre Fontane, mi ha gentilmente comunicato, il 6 ottobre 1974, quando segue circa l’origine di questa offerta: “Un giorno, poco prima della consegna degli agnelli, e probabilmente verso i primi di gennaio 1900, l’Abate dei Canonici del
Laterano (don Luigi Santini… ) si lamentava con il nostro Abate Generale… delle difficoltà che incontrava nel dover procurare i due agnelli da presentare al Santo Padre.
Detto Generale suggerì di recarsi alle Tre Fontane che ivi vi erano degli agnelli. Recatosi costì gli furono dati gli agnelli desiderati; tuttavia l’allora priore don Leone Ehrhard pose come condizione che due religiosi delle Tre Fontane potessero presenziare ogni anno alla cerimonia della presentazione degli agnelli”.
Attualmente si celebra una cerimonia nel Palazzo Apostolico del Vaticano, alla quale, insieme al papa, sono presenti tra gli altri il decano della Sacra Rota, un avvocato concistoriale, un cerimoniere pontificio e i padri trappisti.
Al termine della cerimonia due sediari portano gli agnelli al monastero delle suore di Santa Cecilia in Trastevere, dove le religiose benedettine hanno il compito di confezionare i sacri pallii.
Infine, la sera del 28 giugno, ai Primi Vespri della festa dei santi Pietro e Paolo i nuovi pallii vengono benedetti dal papa e sono conservati in una cassetta d’argento dorata presso la Confessione e la tomba di san Pietro, per essere poi consegnati ai metropoliti.
@ marta09 scrive – 4 Gennaio 2009 @ 23:34
leggendo le tue considerazioni su internet, mi sono ricordato di quello che vedrai sul seguente link che muove ad un sincero sorriso. Quei disegni sono generalmente a corredo sintetico ed immediato di riflessioni molto forti e profonde che l’autore fa.
http://www.gioba.it/wp-content/uploads/2008/12/giovane-donna-colored.jpg
Ai compagni del blog, un grazie per la bella pacatezza e per le belle riflessioni, che mi trovo a condividere nel leggerle.
@ Luigi,
per una volta si puo’ riconoscere una palma anche ad Avvenire,
non dimentico di quante volte sposa “crociate” e “cause particolari” di diretta emanazione della CEI/Curia, entrando in tematiche che richiedono un grandissimo rispetto/sensibilità per le persone, per i percorsi di tante persone con opinioni e formazioni sempre diverse, prima di ideologizzare……
E’ da ieri sera che mi ha colpito una intervista ad un personaggio pubblico estremamente in età, di grandissimo talento e successo, che rivelava frammenti della propria vita, che mi stanno facendo riflettere molto, che mi stanno facendo mettere insieme un complesso puzzle attraverso ricordi e discorsi di amici del mondo ecclesiale, e solo ora riesco a intravvedere un grande disegno di un inconscio collettivo, continuamente rimosso ma che ora mi rendo conto essere stato presente in tutte le epoche storiche sino ad oggi, su cui oggi qualcuno ha messo una pezza pensando di fermare qualcosa che fondamentalmente non vuole affrontare, ma in realtà, ha messo solo una “pezza” senza misurarsi con la tematica in tutta la sua globalità e concretamente. Si possono scrivere Documenti, facendo finta che si affronta un aspetto, ma è solo un aspetto, ma davanti agli occhi mi scorrono immagini di persone o amici con le loro vite, scelte, compromessi. Perchè, non se ne deve parlare, ad ogni grado e livello, dalla base al vertice.
Scusatemi l’Off topic
A ciascuno un saluto sincero.
wow!!! Che attività!
ma sto lavorando adesso … aspettatemi che poi arrivo!
Mi riallaccio a Ignigo e Luigi di cui sopra.
Io il libro del card. Martini l’ho letto solo in parte perché me lo ha chiesto un amico e ancora non l’ho ricomprato. Non parlo, quindi, dei contenuti.
Vorrei dire solo questo:
il Cardinale, grazie a Dio, è vivo e lucido. Perché allora si dice che in alcune parti del suo libro sembra che non sia lui a scrivere, o che il suo pensiero possa aver subito delle forzature e che nel suo sacco ci sia anche della farina dell’intervistatore?
Ripeto: Martini è vivo e lucido. Forse non ha visto le bozze della traduzione italiana del libro? Dubito. Se invece le ha viste e poiché non c’è stato nessun suo intervento di rettifica, vuol dire che lui il libro l’ha approvato così come è stato stampato. E allora perché questa necessità di interpretare, approfondire, chiosare?
Se ha visto e approvato, vuol dire che quanto è scritto nel libro gli appartiene.
Che poi uno possa condividere o meno, è un altro discorso.
Esegesi sugli scritti del Venerabile Padre Carlo?
La sua vita, il suo magistero, la sua dirittura etica il profondo spirituale che ha accompagnato tutto il suo cammino di biblista, di rettore della PUG, di pastore e che Pastore.
Infine il suo stato di infermità che perdura aggravandosi ogni giorno di più.
Si ha un’idea della grandezza di quest’uomo e cosa rappresenta per la Chiesa cattolica e nel MONDO per i credenti cristiani e quelli di altre religioni e di non credenti?
Cosa si vuole ancora da questo uomo di Dio?
Che scriva e dica tutto quello che vuole, per quanto mi riguarda continuerò ad ascoltarlo e a seguirlo in silenzio con amore.
Per me gli esami non finiranno mai, per lui si.
Così penso.
Che parlare di Martini, scaldi gli animi, è positivo, significa che la Chiesa è viva, il Popolo di Dio partecipa alle tematiche importanti, pro o contro che siano. Guai agli indifferenti.
Lo stesso vale nella Chiesa per ogni altro Apostolo che scaldi gli animi.
Dunque ci sono coscienze vive che pensano, riflettono, si pongono interrogativi, vogliono capire, senza alcun bisogno di lanciarsi anatemi, o tirarsi dietro la Bibbia.
Normalmente in una coppia se non ci si parla più, è il caso di preoccuparsi, e nemmeno poco.
Detto questo, io acquistando il libro, ho chiesto “Conversazioni notturne” di Martini Carlo M. e Sporschill Georg, questo perchè nell’intestazione del libro risultano due autori. Questo significa che i due autori hanno interagito. Non per nulla non è una vera intervista a Martini, ma è una conversazione tra due persone, con la medesima radice spirituale, e con esperienze particolarmente forti sulle spalle.
Questo libro che sto rileggendo con calma, mi sta colpendo anche per i riverberi inaspettati che sta avendo in persone lontane dalle prediche clericali. Mi spiego.
Più di una persona in “età” (una molto in età), mi ha parlato con profonda emozione di una fede che si era sclerotizzata, e che questo libro gli ha ridato orizzonte e spessore.
Non parlo di giovani !!!! ma di “âgée”
Eppure in questo libro due cose colpiscono particolarmente, un linguaggio estremamente accessibile (non comune negli Insegnamenti della Chiesa o degli Uomini di Chiesa), e il soggetto (ripeto, soggetto) fondamentale futuro della Chiesa, che sono i Giovani e non come li vorrebbero ma come sono con tutte le loro idealità e le loro potenzialità. Loro sono il futuro della Chiesa tutta, non perchè lo vuole una istituzione, ma perchè lo sono di diritto.
Che delle persone “âgée”, percepiscano queste espressioni, come un orizzonte di speranza per il futuro che diventa proprio e diviene apertura, respiro di fede, mi interroga, e forse dovrebbe interrogare gli stessi responsabili dell’Istituzione Chiesa.
Che questo libro, venga letto, da cattolici impegnati, da cattolici profondamente credenti, ma anche da lontani dalla prassi della vita cristiana o cattolica, è un segnale da non sottovalutare, da non ridurre ad un semplice binomio o superficialissime polarizzazioni.
Se Gesù ha usato la figura del pubblicano (che soccorre, che riconosce i propri peccati), in contrapposizione alla figura del fariseo estremamente religioso, sicuro del suo essere giusto nel popolo eletto d’Israele (Chiesa),
forse è il caso che io faccia un esame del mio essere cristiano, e provi ad interrogarmi…….
Sul ruolo degli agnelli nella liturgia papale fornisce informazioni utili, per l’età medievale, Paravicini Bagliani, Il corpo del papa.
Tutto ciò che scrive Martini è stimolante, e anch’io lo leggo con interesse, ma eviterei di “canmonizzarlo” prima della morte: non tutte e singole le affermazioni del libro sono da considerare infallibili (così come non lo sono tutte le affermazioni del papa, ma solo quelle poche pronuncioate “ex cathedra”). Il suo libro può quindi essere sottoposto ad una esegesi (persino la Scrittura è oggetto di una continua interpretazione!).
Fino ad ora mi sembra che nessuno ha parlato di infallibilità di Martini e un pensiero del genere appare di parecchio fuori luogo.
Che qualcuno lo chiami venerabile, è un uso, (anche se siamo abituati a sentirlo per persone morte!!!) Ma nell’uso ecclesiastico è comune l’incipit “venerabili fratelli” o “venerabili padri” riferito a vescovi o a persone di un particolare esempio di vita religiosa o sacerdotale.
Esegesi, è un particolare studio che si fa in assenza dell’autore di un’opera, con l’autore vivente, si usa normalmente la recensione o la critica. E’ tutto molto umano e non vi è nulla da canonizzare.
Anzi per fortuna che possiamo discutere su Martini, visto che altri sono intoccabili.
un saluto
E bravo Matteo!
Eccomi!
Tralasciando chi l’ha scritto (non per indelicatezza, ma perchè sono convinta che certe verità sminuzzate vengano sparpagliate nei pensieri di tanti) mi hanno molto colpito certe piccole (ma immense affermazioni).
Iniziando dal “mio” Card. Martini (sarò anche in rito Romano … ma sempre il mio Arcivescovo è stato e gli voglio un gran bene … anche se un po’ critico) … beh! … è stato un bene ricordare che sono “conversazioni notturne” e come tali sono “parole scambiate nel silenzio al di là di titoli, ruoli ed altro”. Sono parole che sanno di confessione, sanno di professione e – perchè no – anche di una velata autoaccusa. Questo è un classico del Card. Martini che – per quanto facevo in parrocchia – ho avuto occasione di essergli vicino – diciamo – “dietro le quinte” e per pochi minuti.
Quello che questo santo uomo mi ha lasciato è stata proprio la sia umanità … di nuovo quel “E’ uomo come noi” … è stata la sua semplicità che spesso veniva piegata (ma senza troppo successo) dal ruolo che doveva ricoprire. Di fatto, non ha mai usato mezzi termini, di fatto ha scavalcato parecchi pregiudizi, di fatto ha visto e sentito.
Il libro in questione, onestamente, lo prendo come un libro di preghiera e poco importa se ci sono affermazioni che non paiono sue, o parole che sembrano forzate: lì dentro ci sono concetti spirituali (e ovviamente incarnate) che tutti dovremmo prendere in considerazione. Ci sono verità che chi ha sentito i “morsi” ecclesiali (e ce ne sono tanti e tanti hanno provocato autentiche morti nella fede) non può fare a meno di ricordare e – grazie a questo – può ricominciare a credere LA CHIESA. Perchè il nostro Credo è proprio fatto così: un triplice CREDO IN ed un triplice CREDO LA.
Da questo libro si ri-impara ad amare un QUALCUNO (la Chiesa appunto) che comunque è in divenire.
Anche il termine reiterato di “giovani” non credo sia da considerare come età biologica, ma come età di Fede. Di fronte a Dio siamo tutti “bambini”, tutti “giovani” … tremendamente giovani. Ed è per questo che le famose Virtù Teologali temo non siano “doni che ci vengono dati”, ma sono i veri sentimenti di Dio: Dio ha fede nell’uomo, Dio spera nell’uomo, Dio usa carità all’uomo. Prendere, quindi, le parole di Martini con il suo interlocutore e porle come coscienza del Cardinale che queste virtù teologali sono i sentimenti di Dio rivolte ad ogni uomo … significa davvero ribaltare tutto e si perde ogni forza di contestazione o altro.
“E’ uomo come noi” … come tutti, messo con le spalle al muro da una malattia che non lascia scappatoie.
“E’ uomo come noi” … che si mette sulla nostra stessa strada senza insegne di potere, ma con la potenza della sincerità (che paga lui stesso stando a certi titoli dei giornali), con la potenza della co-scienza che è (per me) SCIENZA CONGIUNTA DI DIO E DELL’UOMO … con la potenza di un Padre Nostro che invita a fondere la volontà individuale con la volontà divina (fondere e non rinunciare), con la potenza del “conoscere” più che del “sapere” … che – credo – lo abbia fatto arrivare a percepire una “coscienza collettiva” di Chiesa: uno stesso scrittore per tante pagine quanti sono i pensieri umani.
Per il momento devo scappare … ma riprenderò l’argomento.
E … nel caso qualcuno mi legga un po’ come “grillo parlante” o “saccente di turno” … mi dispiace proprio tanto, perchè sono una “nessuno” … ma sono umana e – forse – un po’ troppo sensibile al dolore altrui … compreso quello di Dio.
E comunque sia … mi piace proprio tanto questo blog così accogliente e così realistico.
Grazie davvero a tutti … non sapete quale grande dono siate per me in questo momento.
Basta così … sto sfiorando il patetico.
Ma il grazie è autentico.
Ehm! Scusate gli errori di scrittura … ma sono sempre di fretta (povera me).
Volevo solo aggiungere che il commento di Matteo è proprio azzeccato in pieno … per un “uomo di Dio”.
Già, il “lasciarsi mettere le mani addosso” senza alcuna paura, senza difendersi. Dio ha fatto così, è – credo (ma adesso temo di essere fulminata) – fatto così.
Ha cominciato proprio quando ha deciso di diventare sia Padre che Figlio in un bambino … e si è lasciato “mettere le mani addosso” da una mamma e da un papà terreno … per poi finire lasciandosi “mettere le mani addosso” da tutti.
E gli “uomini di Dio PER la Chiesa” prima o poi assumono le stesse caratteristiche.
Mah! E’ meglio che vada o Luigi si pentirà di avermi accolto in questa splendida famiglia.
Ciao ciao
Marta, anche per me Martini è stato il “mio” cardinale (io però sono di rito ambrosiano), ma lo è stato nel tempo in cui vagolavo nelle nebbie del dubbio e nell’ansia della ricerca, e comunque l’ho sempre apprezzato. Ho lavorato per anni a Monza, ma da poco sono in pensione anch’io (almeno in questo sono “collega” di Luigi). Ed è bello scoprire che ci sono anime, mondi così belli che sembrano esistere in una dimensione parallela, inaccessibile, mentre forse ti sfiorano e non te ne accorgi. E’ un piacere leggere te come altri, del resto. E di questa possibilità va dato merito a Luigi che nel suo spazio virtuale rende possibili incontri, diciamo spirituali, che altrimenti non si verificherebbero.
Marta, peccato per la tua fretta!
Desidero ringraziare Clodine, per le bellissime espressioni che ha utilizzato per descrivermi, nel post delle 9.42 di oggi 5 Gennaio.
Grazie di cuore, carissima Clodine…Sono emozionato.
Un caro saluto a tutti!
F.
A Lazzaro e Marta: Martini resterà sempre – con tutto l’affetto e l’obbedienza per i suoi successori – IL mio vescovo, che m’ha ordinato e soprattutto m’ha fatto diventare prete con il suo esempio e m’ha spalancato le enormi roicchezze della Scrittura! Considero però anche un grande maestro di umanità Giovanni Paolo II, che con la sua ricca personalità e con i suoi gesti così “calorosi” superava ogni “distanza” pontificale!
Il Natale – lo dicevo anche ai miei parrocchiani la notte di Natale – è la festa di Dio che si fa uomo e perciò è anche la festa per l’uomo che scopre come dovrebbe essere guardando a Betlemme.
Credo che le nostre comunità (cominciando dalla mia) dovrebbero imparare ad essere più ricche di umanità, più comprensive, più cordiali – sia con chi “viene da fuori” come pure al proprio interno.
Anche noi preti a volte siamo un po’ “scarsini” quanto a “empatia” nell’accostarci ai fratelli e alle sorelle… non dimentichiamo il nostro patrono:
«Facciamo notare ora come sia descritta l’infanzia di Cristo; non a tutti, infatti, è concesso di dire: «Io mi sono fatto debole con i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto a tutti»; e di nessun altro si può asserire, «che è stato trafitto per i nostri delitti, è divenuto debole per le nostre iniquità». Per questo egli volle essere un bambinello, per questo volle essere un fanciulletto, affinché tu potessi diventare un uomo perfetto; egli fu stretto in fasce, affinché tu fossi sciolto dai lacci della morte; egli nella stalla, per porre te sugli altari; egli in terra, affinché tu raggiungessi le stelle; egli non trovò posto in quell’albergo, affinché tu avessi nei cieli molte dimore. «Da ricco che era», sta scritto, «si è fatto povero per voi, affinché voi diventaste ricchi della sua povertà». Quella indigenza è dunque la mia ricchezza, e la debolezza del Signore è la mia forza. Ha preferito per sé le privazioni, per aver da donare in abbondanza a tutti.»
(S. Ambrogio, Esposizione del vangelo secondo Luca, L. II,41)
Grazie per la comprensione di Lazzaro sulla mia fretta … ma va così … E poi, non tutto il male viene per nuocere! A volte la fretta non mi consente di “correggere” quanto scrivo con l’esito che esce tutto senza la minima “sistemazione” o abbellimento. Così come penso, così arriva alle dita … solo che a volte il pensiero è più veloce delle dita e … Vabbè, avete visto.
Per Lazzaro, invece, beh! penso che il Card. Martini sia “fatto apposta” per quanti hanno dubbi. Me ne sono accorta più volte di questa “luminosità” abbastanza strana in grado di dissipare un po’ di nebbia.
Ed un ciao particolare (concedetemelo) al mio concittadino!
Uuuh! Fabrug … mi hai fatto venire un colpo con le tue parole! … Guarda, mi assento per un po’ per assorbire una realtà patita sulla pelle … e poi … e poi … e poi domani è la festa della Luce che – finalmente – unisce l’uomo all’uomo. E su questo punto Giovanni Paolo II è stato un faro potente che ha fatto piegare le ginocchia al mondo intero.
Grazie Fabrug (comincio a diventare noiosa con ‘sti “grazie” … ma lo devo)
Hai ragione, caro Fabrug…come comunità cristiane(lo esprimo dal punto di vista del laico) dobbiamo imparare ad essere più ricche di umanità, più comprensive, più cordiali..concordo con te…
Aggiungerei inoltre(e lo dico per primo a me stesso) che dobbiamo prepararci ad essere più solidali e a vivere con uno stile maggiormente improntato alla sobrietà…Durante le Solennità di Natale, ce lo hanno ricordato sia il nostro Arcivescovo Tettamanzi, sia Benedetto XVI.
La crisi economica, nella speranza che possa risolversi al più presto, metterà comunque a dura prova il nostro Paese…e noi Cristiani saremo chiamati alla testimonianza, alla condivisione, alla solidarietà. IL Signore ci sostenga.
Ciao concittadina Marta09…grazie per il tuo saluto che ricambio.
Ciao Clodine!
Ciao a tutti!!!
F.
Anche da parte mia, “benvenuta” a Marta 09 !
Dunque, sei brianzola di Monza, come l’amico Fabricianus, sei “testona”, ma non come me (sarebbe impossibile), e vediamo se “ci prendo” (e sempre se non sono indiscreto) con un’altra domanda: lavori, per caso, in un’azienda privata ? I tuoi riferimenti alla “riduzione di personale” ed al “clima” d’ufficio mi portano a pensarlo.
Saluto anche il mio “compagno di banco” Lazzaro e saluto pure Fabrug (non ricordo, scusami, se sei “nuovo” del “blog” o meno), con cui mi complimento per il bell’intervento: dall’esperienza pastorale di sacerdoti come te, impegnati alla “frontiera” della fede (se ben intendo, operi nella periferia di Milano: giusto ?), c’è, per me, solo da imparare.
Giornata vivacissima, come notava l’impareggiabile Clodine (a proposito: come stai ?), oggi “chez Luigi”, e bel dibattito (che sono, permettetemelo, contento d’aver, con Luigi e Fabricianus, contribuito a provocare) sul pensiero e la figura del Cardinale Martini, e sull’interpretazione del suo libro “Conversazioni Notturne a Gerusalemme”: mi fa piacere che l’argomento sia stato raccolto e ripreso da Matteo, Nino, Ignigo74 e Raffale Savigni che hanno messo la loro competenza e preparazione a disposizione degli amici.
Per parte mia, solo un paio d’osservazioni:
– nessuno, Raffaele, vuole prematuramene canonizzare il Cardinale Martini ma non sfuggirà alla tua esperienza il seguito d’affetto e di devozione che questo prelato riesce tuttora a raccogliere anche ben oltre la cerchia dei fedeli della sua (ex) Arcidiocesi; sono certo che tu te ne sei già chiesto il motivo e probabilmente hai già ipotizzato qualche risposta: mi piacerebbe conoscerla;
– svolgere l'”esegesi” (chiamiamola così) dei testi del Cardinale Martini, amico Nino, è, per me, proprio uno dei modi per dimostrargli tutta la forza dei sentimenti di vicinanza che proviamo per lui (uso il “plurale” perchè mi pare che li condividiamo senz’altro); indagarne i pensieri, approfondirne i concetti che ci propone, raccogliere e sviluppare le suggestioni ed i segnali che quest’uomo offre al popolo di Dio rappresentano lo sforzo autentico di tutti coloro che vogliono offrirgli la propria testimonianza d’amore cristiano e – perchè no ? – anche la propria umanissima ammirazione per il sacrificio che la sua salute affronta ogni giorno che passa.
Grazie, a proposito, Nino, per i dettagli sulla storia di Zaher Rezai: è successa vicino alle mie parti e ne avevo sentito parlare, ma non la conoscevo così approfonditamente.
Buona Santa Epifania a tutti dal gelo e dalla nebbia del Veneto !
Roberto 55
Ringrazio Nino per i post su Bonoheffer, Zaher Rezai, e quello storico-liturgico sul Pallio metropolita.
Un ciao a Roberto55. (IL pianerottolo si è vivacizzato, dopo il silenzio dei giorni scorsi. Ale’!!!!!!!!)
Buona Santa Epifania a tutti!!!
F.
O.T.
Chiedo scusa per l’off-topic. Non so se Luigi o altri amici e amiche del pianerottolo sono stati fans de L’ISPETTORE DERRIK.
Ho trovato molto commovente questa immagine di cui trovate il link qua sotto. Colui che lavorò per 25 anni insieme ad Horst Tappert nel serial poliziesco, versa, secondo un’ usanza, penso tipicamente tedesca, della terra sulla tomba del suo amico-collega per 25 anni e più….
http://www.repubblica.it/2006/08/gallerie/spettacoliecultura/funerali-derrick/2.html
Scrive il Qoèlet- 3,20:
Tutti sono diretti verso la medesima dimora:
tutto è venuto dalla polvere,
e tutto ritorna nella polvere.
Sì ma, pemettetemi di aggiungere: Non tutto ritorna nella polvere: Ci sarà un giorno nel quale sui rami potati spunteranno foglie novelle, e sui prati inariditi nasceranno fiori come a Maggio.
“Ecco, io faccio nuove tutte le cose” (Ap. 21, 5).
Scusate ancora per l’off-topic.
Buonanotte.
@Roberto55
“svolgere l’”esegesi” (chiamiamola così) dei testi del Cardinale Martini, amico Nino, è, per me, proprio uno dei modi per dimostrargli tutta la forza dei sentimenti di vicinanza che proviamo per lui (uso il “plurale” perchè mi pare che li condividiamo senz’altro);”
Come opportunamente faceva osservare Matteo il termine corretto è “recensire” un libro di un autore in vita.
Spero che dopo la sua morte nessuno voglia esercitarsi in “esegesi” dei suoi scritti che a mio avviso sarebbero solo strumentali.
Questo non è un trattato, un saggio, un romanzo.
Una robetta da leggere in vacanza per ingannare il tempo.
Questa è una confessione intima di un uomo di Dio che traccia il bilancio della sua vita senza alcun timore di dire cose per far piacere al lettore aprendo la sua anima ai suoi “figli” e “nipoti”. Sono parole che leggi e rileggi che si gustano, s’incarnano, toccano, interrogano, sconquassano.
Parlo per me naturalmente.
Noi che abbiamo avuto il privilegio di averlo conosciuto, ascoltato e letto in vita proprio per quello che tu dici
“il seguito d’affetto e di devozione che questo prelato riesce tuttora a raccogliere anche ben oltre la cerchia dei fedeli della sua (ex) Arcidiocesi”,
abbiamo apprezzato il suo soffio leggero con cui ha toccato i nostri cuori, le nostre coscienze, ha suggerito vie nuove per un cammino personale nell’incontro con l’uomo e con Dio.
Così tanto affetto non “sentiamo” per altri presbiteri, con lui si ha perfino paura di stringergli la mano per il timore di fargli del male, è successo a me incontrandolo a maggio dello scorso anno.
Per altri che pure stimiamo abbiamo un atteggiamento meno intimo, ad esempio mi vengono in mente il caro Giuseppe Dossetti o Enzo Bianchi, figure che irradiano e che personalmente ho apprezzato e apprezzo.
Lui, Padre Carlo, teniamocelo così com’è.
“Sul canonizzarlo in vita”, a lui non servono titoli o riconoscimenti canonici, né ante né post mortem, di fatto per me e per una moltitudine di persone lo è già, intendo canonizzato.
Ciao e buona Epifania.
Sì, Nino, è così anche per me.
E quel libro mi emoziona davvero tanto perchè parla a me, risponde a me su cose che tanto mi hanno male e mi fanno ancora male.
E’ un libro di preghiera, è un uomo di Dio che abbraccia teneramente ognuno e che indica la Chiesa, invita a credere e a “operare” per il meglio.
E’ la genialità di un uomo di fede che non diventa un “terrorista” della Chiesa, ma se ne innamora.
Chi ha voluto leggere bene le parole del Cardinale ci avrà sicuramente visto anche un’autoaccusa, quasi una confessione (come avevo detto). E’ un libro che va oltre alle parole scritte e all’esegesi (come dovrebbe essere ogni parola scritta ed ogni libro), è un libro che parla al direttamente al cuore … come il Cardinale ha sempre fatto con quella sua delicatezza (che contrasta non poco con la sua “stazza” … almeno di un po’ anni fa) che passa anche attraverso lo sguardo. Insomma guardando lui si vede l’uomo che è in lui e non solo l’immagine che si ha di lui … il Cardinale ha sempre lasciato vedere il suo cuore e la sua essenza e non ha mai “barato” nel bene e nel male.
Altro che volergli bene!!!
Uno dei miei migliori amici, dal liceo, è un ebreo romano che oggi vive a Gerusalemme, lì inviato per un importante tg news.
Quando Martini stava ancora là, ha potuto conoscerlo, ospitarlo più volte in casa della pur giovane sorella archeologa, condividere con lui momenti di grande semplicità familiare, di colloquio, in un clima di amicizia e di valorizzazione delle reciproche confessioni religiose.
Ora mi dice che nel libro di cui parlate ritrova molto di quel padre Carlo lì, che lui ha conosciuto: ben al di fuori dell’ufficialità, delle responsabilità gerarchiche, eppure sempre vescovo e pastore, ma nel senso dell’approfondimento del suo essere “uomo di Dio” e “uomo che intercede” tra Dio e gli uomini e tra gli uomini stessi, tramite la preghiera, l’ascolto e la meditazione della Parola, il dialogo a bassa voce, a tu per tu con la coscienza contemporanea.
Per Roberto55, non sono nuovissimo del blog, solo che non mi collego frequentemente. Sì sono parroco alla periferia nord di Milano, l’ultima parrocchia della città prima di Sesto S. Giovanni.
Riguardo alle “Conversazioni notturne…” di Martini, credo che lui abbia saputo dire molte cose che altri pastori (preti o vescovi) pensano ma non osano/possono dire (ad esempio sulla pillola o anche su un certo stile da “trincea” che caratterizza la gerarchia cattolica attuale, più difensiva che dialogante… o che si inceppa su questioni secondarie ignorando le grandi tragedie del mondo [vedi l’assolutamente non necessaria riforma del lezionario ambrosiano…]). Solo sull’apertura dei giovani mi è sembrato un po’ troppo ottimista (ma spero che abbia ragione).
Hai ragione Fabrug … sui giovani è forse un po troppo ottimista, ma non lo è se poni per giovani coloro che, a qualsiasi età, sono “giovani” nella fede … quasi bambini.
Questi “giovani” debbano essere custoditi ed accuditi.
Ora la gente vuole risposte e risposte chiare, ora la gente finalmente crede che Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo, ora la gente vuole una Chiesa incarnata e vivente.
Ora la gente vorrebbe essere ascoltata, vorrebbe parlare … perchè sino ad ora temo la gente abbia solo “blaterato”.
Da nessuna parte il contrasto e l’opposizione genera comunione, da nessuna parte la supponenza (anche e soprattutto quella laica) genera ricerca di verità e genera quella pace che è l’anima del mondo.
Non riusciamo più a respirare, non riusciamo più a guadare il cielo per tante difficoltà e complicazioni.
E, purtroppo, anche all’interno della Chiesa c’è questa “guerra”, c’è questa opposizione … ma che a nessuno venga in mente di difendersi, che a nessuno venga in mente di fare il “paladino” della situazione … ma a tutti viene chiesta quell’umiltà di dire e lasciare che ogni parola buona trovi il suo tempo per entrare nella convinzione altrui … anche se questo significa spesso sofferenza. I Santi ne sanno qualche cosa.
Una Chiesa che si muove anche solo attraverso un uomo (due veramente: un cardinale ed un Papa) e dice e poi non pretende di avere ragione, che ha il coraggio di dire “è colpa mia” … è una Chiesa splendida e da amare.
Grazie Fabrug … non credo sia in una zona facile la tua parrocchia … ma sicuramente con chiarezza, lealtà e realtà di Dio ed umana sarai sicuramente una gran luce, un profeta di luce e di vita, appunto.
Vorrei tanto che ci fosse il Card. Martini in questo blog e tra noi in modo che possa rispondere ad ognuno di noi.
Ma mi sa che è un desiderio impossibile.
Lo so che chiedo la luna.
Io invece sognerei di avere Ratzinger, il mio vescovo, tra noi,
che come uomo di esperienza, docente, anche se con pochissima esperienza pastorale, potesse rispondere alle nostre domande in modo semplice, senza giri di parole in teologichese, e quando vuole lo fa, se si ricordano alcuni suoi incontri informali con gruppi di sacerdoti, se non erro in Valle d’Aosta, dove si è lasciato interrogare con domande terra terra, e il suo porre le risposte, è stato particolarmente umano e soprattutto informale.
Un sogno.
(a ognuno il suo vescovo 🙂 )
Allora chiediamo la luna, il sole e pure le stelle.
Potremmo anche sognare di averli tutti e due i nostri Vescovi … sarebbe una meraviglia davvero.
Ed hai ragione sul teologichese … hai proprio ragione.